Oggi vi descrivo una ricetta, legata fortemente a un prodotto e a un territorio, tanto buona quanto più apprezzabile se se ne conosce il contesto, il luogo in cui si preparava e la si prepara ancora oggi, magari da gustare dopo una bellissima passeggiata che ne racconta la storia e i profumi. Io sono partita da Camogli, bellissimo borgo marinaro affacciato al Golfo Paradiso, ho abbandonato subito le viuzze affollate di gente e mi sono inoltrata, a piedi, su per la caratteristica “crêuza” che costeggia il torrente Gentile, che con una facile passeggiata in salita tra fasce di ulivi, porta alla piccola frazione di San Rocco, a 221 m di altitudine.
Dal piazzale della Chiesa di San Rocco si può godere di un panorama mozzafiato sul borgo di Camogli e sul Golfo Paradiso, ed è proprio da questo balcone sul mare che comincia la discesa a Porto Pidocchio e Punta Chiappa, attraverso un fitto bosco dal quale si aprono, a tratti, bellissime vedute sul mare.
Prima della discesa ho fatto una tappa allo storico panificio Maccarini, che si incontra poco prima di arrivare al piazzale della chiesa, dove dal 1885 si produce la vera “galletta del marinaio”, il prodotto che più ci fa ricordare che i liguri sono stati prima di tutto marinai e la cui alimentazione era affidata principalmente a prodotti preparati per durare i lunghi mesi di navigazione a bordo di galee e brigantini. La galletta del marinaio è spessa e dura, da utilizzare esclusivamente ammorbidita o in insalate tipo la capponadda, di cui vi parlerò oggi o in zuppe e minestre, come le varie buridde liguri, altro piatto povero di cui ho parlato qualche tempo fa in questo post.
Ormai i panifici che propongono la vera galletta sono pochi, la ricetta non è difficile ma la lavorazione è piuttosto lunga e laboriosa e spesso viene semplificata..ma in certi piatti della tradizione non può essere proprio sostituita. Valentina ed io siamo riuscite a produrla in casa, e la ricetta, molto simile all’originale è minuziosamente descritta, se volete cimentarvi, nel nostro libro “Lievitati di Liguria, dolci&salati” ed. Sagep. Se passate di qui invece, vi consiglio di farne scorta o al forno Maccarini a San Rocco o alla Focacceria Revello in pieno centro a Camogli; in fondo se durava dei mesi nelle cambuse delle navi può durare anche nelle vostre dispense.
A metà percorso, lungo la discesa a mare verso il mare si incontra San Nicolò di Capodimonte, bella chiesa romanica del XII secolo con un piccolo e suggestivo sagrato affacciato sul verde dei terrazzamenti in pietra a secco e sul blu del mare. È qui che a fine ‘800, quando la chiesa fu restaurata e riaperta al culto che Padre Gaspare Dellepiane, frate minimo di San Francesco di Paola soggiornò mentre compilava il suo ricettario “La cucina di strettissimo magro” e raccontava di una particolare insalata, il “Cappon di galera”, preparato con biscotti di semola imbevuti di acqua e aceto, mosciame di tonno, acciughe e olio. Non è difficile immaginare il perchè di questi ingredienti, non a caso fortemente locali.
La Chiesa di San Nicolò si trova proprio a metà tra il borgo di San Rocco e Porto Pidocchio, in mezzo ad una natura incontaminata, tra fasce di ulivi, erbe aromatiche e davanti ad uno splendido e pescoso mare. Arrivati al mare, con una serie piuttosto ripida di gradini ci si può fermare nel piccolissimo borgo per pranzo; ci sono due ristoranti, con ottimi menù di pesce, oppure si può proseguire per la bellissima punta Chiappa, dove, se la stagione lo permette, si può fare il bagno in un’acqua cristallina, per poi fare ritorno, se si è stanchi, col battello fino a Camogli. In questo tratto di mare, proprio davanti a Porto Pidocchio è attiva dal 1600 ( e forse anche da prima) la famosa “tonnarella” di Camogli, sistema di pesca tradizionale e sostenibile divenuta presidio slow food.
Sono stata fortunata, sono arrivata a Porto Pidocchio proprio nel momento in cui venivano levate le reti, e sono riuscita a fare qualche domanda ai locali su questo tipo di pesca particolare, ormai unica in Italia. Da sempre, mi spiega un anziano del posto, da marzo ad ottobre, le reti vengono tese con dei galleggianti, aperte a favore di corrente in modo che il pesce, seguendo la linea di costa per orientarsi, viene intrappolato in quelle reti che vengono “levate” tre volte al giorno, all’alba, a metà mattina e nel tardo pomeriggio.
Quelle reti, un tempo costruite con la “lisca”, come viene comunemente chiamato qui l’ampelodesma, arbusto molto comune sul monte di Portofino, ora vengono costruite con fibra di cocco, anch’essa naturale, per non turbare l’equilibrio di questo splendida area marina protetta e quando finisce la stagione di pesca vengono semplicemente tagliate ed abbandonate sul fondo. Oggi non si pescano più tonni, ma ricciole, sugarelli e bonitti. Per il Cappon di galera, non era difficile quindi trovare il mosciame di tonno; oggi è più raro trovarlo e per la ricetta della capponadda sua diretta discendente, si usa sostituirlo con tranci di tonno conservato di ottima qualità.
per una sosta
Strofinare lo spicchio d’aglio sulle gallette, porle in una ciotola ed irrorarle con acqua ed aceto. Non appena rammoliscono spezzarle grossolanamente, ognuna in 4 o 5 pezzi. Lavare e diliscare le acciughe e aggiungerle in pezzi alle gallette, tenendone due come guarnizione finale. Aggiungere i pomodori tagliati a spicchi, le cipolle tagliate finemente, le olive il tonno e il mosciame, se lo gradite. Condite tutto, mescolando delicatamente, con olio extravergine di oliva e sale. Disponete su un piatto di portata guarnendo con qualche filetto di acciuga ed origano fresco. CAPPONADDA - ricetta di Ilaria Fioravanti
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INGREDIENTI
PROCEDIMENTO