Le torte, intese come preparazione culinaria, nacquero per l’esigenza di contenere e cuocere contemporaneamente un ripieno. Erano conosciute già in epoca romana, ma fu nel Medioevo che ebbero la più larga diffusione. L’involucro, cioè la pasta, serviva solo per contenere, dovendo semplicemente preservare il ripieno durante la cottura, al forno o fra testi di coccio o pietra. E per questo motivo che i primi contenitori di pasta, per “pasticci, pastelli o coppi” erano particolarmente duri, coriacei, preparati solo con acqua e farina. Fu solamente in epoca rinascimentale che nacque l’esigenza di rendere questo guscio, per carni verdure o frutta, commestibile. Bartolomeo Scappi, celebre cuoco cinquecentesco, nella “Opera”, corposo trattato di cucina, dedica l’intero quinto libro alle ”paste”, distinguendole in tre tipologie; i pasticci, le crostate e le torte propriamente dette. Il pasticcio non è altro che la preparazione tipicamente medievale in cui l’involucro consiste di pasta dura non edibile; le crostate e le torte prevedono invece strati di sfoglie preparate, e qui sta l’innovazione, con grassi animali, come burro e strutto, per essere gustate insieme al ripieno. La differenza tra crostata e torta, secondo Scappi è solo il modo in cui viene confezionato il ripieno; a pezzi interi nella prima e ben amalgamati nella seconda. Nell’ambito delle torte ne distingue vari tipi a seconda del luogo in cui vengono preparate; alla torta alla lombarda e alla bolognese che differiscono per l’altezza, Scappi accosta la “gattafura”, tipica genovese, di cui ho già scritto qui, che differisce dalle precedenti dalla mancanza di spezie e dal grasso utilizzato cioè l’olio anziché il burro, più tipico della nostra regione. Sarà quindi in questo periodo che le varie torte, di ogni tipo e ripieno, dolce o salato, consolideranno un’usanza gastronomica che arriverà fino ai giorni nostri. Ho recuperato tempo fa un’antica ricetta di torta, pare di origine medievale, il “coppo romagnolo”, o “casadello” o “latteruolo”, raccontata dallo stesso Scappi nel suo trattato e riportata anche dall’Artusi nella sua “Scienza in cucina”. Oggi invece vi propongo una mia interpretazione della “giardiniera dolce” riportata nella Cuciniera genovese di G.B. e Giovanni Ratto. Si tratta di un involucro di pasta dolce, tipo pastafrolla, ripiena di frutta di stagione ed arricchita di canditi e liquore. Nel ricettario troverete la ricetta originale.
Impastare farina e burro tenuto fuori dal frigo 15 minuti; ridurre tutto in briciole. Unire i tuorli, lo zucchero, il sale, la scorza di limone e, a poco a poco il liquore. La dose di quest’ultimo è indicativa, unire liquore (o altro liquido) necessario per ottenere un impasto morbido e liscio. Avvolgere in carta forno e porre in frigo per il riposo, minimo, di mezzora. Foderare con la frolla alta mezzo cm di spessore una tortiera apribile da 22 cm di diametro o altro stampo a piacere della stessa capacità, unto leggermente di burro. Porre in frigo a raffreddare. Nel frattempo sbucciare le mele e le pere e dopo averle tagliate a dadini porle in una casseruola a fuoco basso, coperte, per qualche minuto. Se utilizzate le mele renette non dovrebbero rilasciare liquido. Unire alle mele-pere, in una terrina, i canditi misti ed i liquori. Mescolare bene e versare il composto di frutta nella tortiera foderata di pastafrolla. Se la vostra frutta rilascia molto liquido toglietene il più possibile e se volete, per raccogliere l’umidità in eccesso potete sbriciolare qualche biscotto secco sul fondo della tortiera. Coprire il tutto con un’altra sfoglia di frolla, sempre stesa di mezzo cm di spessore. Bucherellare la superficie e mentre il forno si scalda alla temperatura di 170°C rimettere la tortiera pronta in frigo. Infornare fino a doratura della superficie per circa 60-70 minuti. Spolverare la torta con poco zucchero a velo e servire solo quando è completamente fredda. Vi consiglio di non utilizzare altri di tipi di mele, a meno che non siano molto simili alle renette, che non rilasciano troppo liquido in cottura. La dose della frolla è abbondante, potete utilizzarla per ottenere qualche decorazione o qualche ottimo biscotto.
Bibliografia: La cucina italiana, di Massimo Montanari ed Alberto Capatti - ed. LaterzaGIARDINIERA DOLCE - ricetta di Ilaria Fioravanti
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