Il termine “sciamadda” pare trovi origine nella parola “fiammata”, e probabilmente si riferiva alla fiammata che si produceva alimentando il forno a legna caratteristico di questi locali storici liguri semplicissimi, una via di mezzo tra forni e gastronomie, dove da mattino a sera, ancora oggi, si sfornano torte salate, farinate, focacce, fritti, minestroni e polpettoni. Per fortuna a Genova qualche sciamadda esiste ancora, soprattutto nel centro storico, dove un tempo i lavoratori del porto usavano consumare i loro pasti, in modo veloce, mangiando addirittura in piedi appoggiandosi al bancone di servizio. Le sciamadde sono solitamente locali piccoli, stretti e lunghi, piastrellati di bianco e con alti banconi, dove fanno bella mostra, già dal mattino, i mangiari più semplici della tradizione ligure. Le chiamano anche friggitorie, perché l’anima delle sciamadde, oltre la farinata e la focaccia al formaggio, è sempre il fritto, i frisceu, o frittelle, ma anche le panisse (piccoli lego preparati con la farina di ceci), le crocchette, le acciughe impanate e talvolta anche il fritto misto di pesce.
Il fainotto (il venditore di farina), colui che gestisce la friggitoria, cuoce ancora nei testi di rame, condizione necessaria per ottenere una farinata sottile, unta al punto giusto, morbida all’interno ma croccante in superficie. Se siete fortunati, come me qualche giorno fa da Antica Sciamadda in Via San Giorgio a Caricamento, locale con più di due secoli di storia, potete osservare la magia della cottura in diretta. Sembra impossibile che dal versamento in teglia di un liquido color ocra pallido possa nascere, con pochi abili gesti, un prodotto così buono e perfetto. Il segreto di questi cibi è la semplicità, soprattutto negli ingredienti, poveri, come la maggior parte della dispensa ligure, ma ricchi di qualità, come l’olio extravergine della riviera e le farine locali. Non meno importanza ha il forno, come quello di Antica Sciamadda, alimentato con legna di faggio della Val D’Aveto.
Andateci poco prima del mezzogiorno nelle sciamadde, e sarete fortunati come me; assaggerete i più buoni frisceu della vostra vita, caldi, croccanti fuori e morbidissimi dentro, con un leggero sentore di buccia di limone. Ci vorrebbe molto tempo per approfondire la conoscenza di ogni singolo “mangiare” di questi antichi locali, e piano piano lo farò…per ora vi lascio la ricetta dei frisceu, di cui ho ampiamente parlato nel libro Lievitati di Liguria, dolci&salati scritto a quattro mani con Valentina, e che sono secondo me, fra tutti, i più golosi.
Il 19 marzo, il giorno di San Giuseppe, in Liguria, come in molte altre regioni d’Italia, è uso preparare le frittelle, “frisceu” in genovese. In passato, in questa allegra giornata di fritto, i vicoli le strade e le piazze della città erano inondate dal profumo delle fragranti frittelle, e, si dice, che l’impasto venisse preparato dalle massaie sin dal primo mattino, per essere fritto poco prima che “se sentisse o tio do cannon do Righi”( si sentisse il tiro di cannone del Righi, quartiere della città), poco prima del mezzodì. I frisceu in Liguria, possono essere salati, con vari condimenti, prime fra tutte, le erbette, o dolci, con uva zibibbo. I frisceu sono stuzzichini popolarissimi, offerti spesso nei ristoranti come aperitivo o come accompagnamento ai classici antipasti liguri. Oggi li si chiamerebbe tranquillamente cibo da strada. All’impasto dei frisceu si può aggiungere il baccalà, lo stoccafisso, i bianchetti, il cavolfiore, i cardi, le borragini, le lattughe o le cipolle. L’impasto è molto semplice; farina lievito olio e sale, e se si vuole, come indica anche la Cuciniera del Ratto “qualche uovo”.
A San Giöxeppe, se ti peu impi a poela de frisceu ( A San Giuseppe, se puoi, riempi la padella di frittelle)
FRISCEU - ricetta tratta da Lievitati di Liguria, dolci&salati, di Ilaria Fioravanti e Valentina Venuti - ed.Sagep
StampaINGREDIENTI
- 250 g di farina 0
- 8 g di lievito di birra
- 1 tuorlo (20 g)
- 180 g di acqua
- un pizzico di sale
- in più
- 1 litro di olio di semi di arachide, o di oliva
- un mazzetto di borragine
PROCEDIMENTO
Sciogliere il lievito di birra con l’acqua, tiepida; unire il tuorlo, il sale e la farina, mescolando con una frusta a mano fino ad ottenere una pastella liscia. Coprire con pellicola alimentare e far riposare un paio d’ore. Aggiungere la borragine tritata al coltello, mescolare e far cadere in olio bollente a 180°C piccole porzioni di impasto, aiutandosi con due cucchiai o con un porzionatore piccolo da gelato. Scolare i frisceu non appena sono dorati, salare e servire caldi.
Grazie a Mauro Salucci per le note storiche